Agonismo, antagonismo e gioco

Imparare come comportarsi in diversi contesti significa sopravvivere

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In situazioni di forzata socialità, anche animali considerati “asociali” come gli orsi possono dimostrare una grande flessibilità comportamentale e usare tattiche per ridurre qualsiasi tensione.

Tra la fine di luglio e i primi agosto gli orsi del Parco devono affrontare un cambiamento repentino. Essi passano da una vita piuttosto solitaria ad una più sociale. Ciò avviene nei ghiaioni di alta quota, ricoperti da cespugli di ramno che in questo periodo sono carichi di bacche carnose e nutrienti, un’attrazione irresistibile per gli orsi. Tuttavia, i ramneti si estendono su una superficie molto frammentata di appena 16 km2. Pertanto, per approfittare di questo cibo nutriente, facile e concentrato in poco spazio, è inevitabile che gli orsi rischino di “pestarsi i piedi”. L’estate coincide anche con l’inizio dell’iperfagia, periodo durante il quale gli orsi accumulano grasso in vista dell’inverno e devono assumere fino a 20.000 Kcal al giorno. Per le femmine, ciò vuol dire anche garantire lo sviluppo e la nascita dei cuccioli. Gli orsi quindi si trovano di fronte ad un dilemma non facile, se da una parte hanno un pasto abbondante e a poco costo (giusto lo sforzo di muoversi da un cespuglio all’altro) a disposizione, dall’altra questo comporta un aumento del rischio di esporsi a possibili ingiurie di altri orsi. Come comportarsi? Cosa scegliere?

Gli orsi manifestino una sorprendente capacità di adattamento e riescono a ridurre le tensioni che possono scaturire dalla presenza ravvicinata di conspecifici.

In contesti di convivenza ravvicinata forzata, come ad esempio sono i celebri fiumi dell’Alaska nei punti di risalita dei salmoni, gli orsi aumentano sì le occasioni di interazione fra i singoli animali, ma inaspettatamente lo fanno in maniera non agonistica. La calma non è solo apparente, perché misurando i livelli del cosiddetto ormone dello stress, il cortisolo, nel sangue degli animali, i valori sono risultati bassi. In queste situazioni, gli orsi sembrano mantenere calma e sangue freddo. Gli orsi sono anche abitudinari e sembrano rimanere fedeli negli anni alle stesse aree di alimentazione. A detta degli studiosi, questa familiarità aiuta gli orsi a studiarsi a vicenda e quindi a conoscersi negli anni in modo da capire quando e come muoversi per minimizzare le interazioni. Per questo molti dei “confronti” si svolgono in genere a distanza e in maniera apparentemente pacifica. Gli orsi possono essere in grado, infatti, di stabilire delle gerarchie che assicurano a tutti un posto e un momento per alimentarsi.

Questo è quello che sembra verificarsi anche nei ramneti del Parco. Ad esclusione del periodo riproduttivo e dei gruppi familiari, l’estate è l’unico periodo in cui è possibile osservare più orsi insieme interagire in Appennino. Soltanto in queste aree gli orsi regalano la possibilità di assistere al sorprendente repertorio comportamentale di cui dispongono per affrontare la loro vita sociale.

Dal 2006 al 2007 i ricercatori hanno trascorso centinaie di ore in osservazione per studiare la vita degli orsi ai ramneti.

Per esprimere le emozioni gli orsi utilizzano un’ampia gamma di espressioni facciali, posture del corpo e vocalizzazioni.

Attraverso l’osservazione (a distanza) delle loro reazioni, i ricercatori sono riusciti ad interpretare la mimica facciale degli orsi. Per un orso l’attenzione ai dettagli è importantissima, perché basta loro una rotazione delle orecchie o un labbro sollevato fino a mostrare i denti per passare in un momento da un lotta giocosa ad una aggressiva. Un orso inattivo, ovvero che sta semplicemente riposando, camminando o alimentandosi, in genere tiene le orecchie piegate di lato e lo sguardo non è mai fisso in un punto. Quando si mette in allerta, invece, tiene la testa alta, le orecchie diritte in avanti, gli occhi spalancati e la bocca chiusa. Mentre socializza, un animale mantiene le orecchie piegate lateralmente, apre la bocca, arriccia il naso e il labbro superiore. Un orso aggressivo o spaventato abbassa le orecchie lungo il collo, tanto da nasconderle, serra la bocca e evita il contatto visivo con il potenziale rivale. Se la tensione cresce fino a passare all’attacco, l’animale arriccia labbra e naso, mostrando questa volta anche i canini.

Una coppia di orsi sta lottando in maniera giocosa, ma ad un certo punto la femmina sembra essere disturbata, abbassa le orecchie e mostra i canini al maschio.

Gli orsi veicolano messaggi molto più chiari anche attraverso la postura del corpo. Da questa si riesce a distinguere un individuo dominante da uno subordinato.

Quando un dominante entra in scena non passa mai inosservato. È una situazione a cui si assiste spesso ai ramneti. Un dominante lo si riconosce dall’andamento: avanza sicuro in direzione dei cespugli di ramno, non mostrando alcuna “emozione” apparente. Alla sua comparsa, gli altri orsi si fermano, poi o cambiano direzione o se la danno a gambe. Ma se un orso esita o si sofferma troppo a lungo ad osservarlo, ecco che il primo con rapidità vira e affronta l’oppositore, allungando il collo, torcendo il muso e mostrando vistosamente i canini. Nella maggior parte dei casi l’altro orso desiste, si allontana o scappa. Ad ogni modo, un individuo subordinato non mostra mai aggressività, assume in genere una posizione laterale rispetto all’altro, piega la testa di lato e la fa penzolare, si siede o si sdraia. Tra gli individui dominanti rientrano sicuramente i maschi adulti che trascorrono una vita a confrontarsi e a stabilire gerarchie per assicurarsi cibo e successo riproduttivo. Essi rendendo ancora più efficace la loro postura, puntando molto su dimensioni e prestanza fisica. Dopo i maschi, sono le femmine con piccoli a imporsi maggiormente, in particolare sugli adolescenti e sui maschi adulti, e manifestano la propria dominanza con un’elevata aggressività. Le femmine sole e maschi di dimensioni minori, tendono, invece, ad evitare o a sottomettersi alle categorie di cui sopra, ma possono prendersela fra di loro. Tra gli adolescenti sono i maschi ad essere i più inesperti e temerari, e per questo vengono spesso attaccati, mentre le femmine adolescenti sono più schive e si allontanano quasi sempre da situazioni scomode.

Due orsi interagiscono ristabilendo tra di loro una gerarchia.

Gli orsi hanno anche un loro linguaggio verbale. Suoni e vocalizzazioni sono molto ricche soprattutto tra la madre e la prole.

Fin dalla nascita i cuccioli emettono un grande varietà di versi e suoni: guaiscono, gemono, grugniscono, sbuffano, emettono suoni simili a vagiti e un particolare ronzio pulsante. Questo ronzio consiste in una sequenza molto rapida di suoni molto brevi che vengono emessi durante una prolungata fase espiratoria della respirazione, interrotta da brevissime inspirazioni silenziose. La produzione del suono è associata a vibrazioni del corpo. Questa vocalizzazione è esclusiva degli orsi e non è filogeneticamente correlata a nessun altro tipo di vocalizzazione nota tra i carnivori viventi. Quale sia la funzione di questa emissione sonora non è noto. Forse si tratta di un segnale di appagamento o di uno stimolo per richiedere il latte dalla madre. I cuccioli d’altronde cercano spesso l’attenzione della madre e per questo soffiano o emettono dei vagiti a cui la femmina risponde con grugniti. Se spaventati e o separati dalla madre, i piccoli emettono dei richiami acuti di soccorso. Gli orsi adulti, invece, manifestano tensione sbuffando e ansimando durante un incontro ravvicinato con un altro orso. Quando sono molto spaventati, essi soffiano sonoramente e sbattono i denti. Ma è durante un attacco, o comunque durante una interazione aggressiva, che gli orsi possono emettere dei veri e propri ruggiti e suoni simili a ringhi.

Madre e cuccioli interagiscono tra di loro sia fisicamente che vocalizzando. E’ questo che mantiene coeso il gruppo e assicura la sopravvivenza dei piccoli.

Tutti gli orsi giocano, non solo i cuccioli. Il gioco è uno dei modi con cui gli orsi si relazionano l’uno con l’altro in modo non agonistico e senza rischi, indipendentemente dal rango sociale.

Il gioco è un comportamento sociale molto comune all’interno del gruppo famigliare, soprattutto tra membri di una stessa cucciolata. Appare spesso come una lotta amichevole. Tuttavia il gioco è stato osservato anche tra piccoli dell’anno appartenenti a cucciolate diverse e tra gruppi di individui diversi per età e sesso. Alcuni studi hanno dimostrato che più i giovani fino a 2 anni d’età si cimentano con il gioco, maggiori sono le probabilità che essi sopravvivano. Situazioni di stress intense e prolungate, come potrebbero essere le interazioni con orsi adulti, specie se aggressive, potrebbero cronicizzare nei giovani inesperti. Ciò può indurre un’eccessiva attivazione fisiologica che spinge l’organismo in uno stato di esaurimento fisico e quindi di vulnerabilità. Il deperimento potrebbe essere tale da rendere l’animale una facile preda o da farlo morire di inedia. Pertanto sviluppare la capacità di interagire con l’altro in modo non agonistico può essere un beneficio per un giovane. Intraprendenza, flessibilità e capacità di cooperare e di coesistere con orsi adulti sono le qualità, ad esempio, che possono consentire ad un giovane di prolungare la permanenza nel territorio di nascita. Una strategia, questa, che può essere vantaggiosa soprattutto per le giovani femmine. Il gioco è comunque una palestra di vita i fin dai primi mesi. Con esso, i cuccioli si allenano, imparano i codici di condotta e comportamento con gli adulti e testano la propria abilità fisica durante lo sviluppo.

Il gioco tra gli orsi assomiglia ad una lotta in cui ci si scambia spesso di ruolo e nessuno viene ferito.

Modalità e tattiche di gioco variano tra adulti e giovani. Il gioco tra individui di diversa età e sesso può aiutare a familiarizzare, a valutare il livello di consanguineità e testare le abilità fisiche di potenziali rivali.

Il gioco segue dei precisi schemi motori e in genere non viene emessa nessuna vocalizzazione. Un orso si avvicina all’altro camminando, labbra e naso arricciati, orecchie perpendicolari alla testa e rivolte verso il basso. Quindi apre la bocca, incomincia a dare zampate e morsi leggeri, fa un testa a testa a colte convulsivo, sollevandosi anche sulle zampe posteriori. L’altro orso risponde con le stesse modalità. Al termine del gioco, gli orsi chiudono la bocca, mantenendo le labbra arricciate, e corrono via allontanandosi. Le lotte possono essere precedute o seguite da comportamenti di sottomissione da uno o da entrambi gli orsi. I cuccioli, soprattutto entro il primo anno di vita, trascorrono oltre la metà della loro giornata giocando. Con la crescita invece si dedicano più a mangiare. Nel gioco possono partecipare tutti: madre, fratelli e sorelle. Negli adulti, sono piuttosto individui di diversa età e rango a lasciarsi andare in una lotta giocosa. In genere è quello di rango più basso ad iniziare l’interazione. Ma durante il gioco, si verificano cambi di ruolo, e i dominanti si sminuiscono volontariamente: si sottomettono, non oppongono resistenza e si orientano più bassi rispetto all’animale più giovane. Un modo, forse, per prolungare la lotta e codificare in maniera chiara che l’interazione è del tutto amichevole.

La ricercatrice Melanie Clapham, del Dipartimento di Geografia dell’Università di Vittoria in British Columbia, racconta i risultati delle ricerche condotte sul comportamento sociale degli orsi.

Gli orsi, spinti da estreme curiosità e intelligenza, non giocano o interagiscono solo tra di loro, ma anche con gli oggetti. Non solo, ma gli orsi sanno predire e risolvere situazioni anche complesse.

Per questo c’è una spiegazione evolutiva. Fin dai primi studi pionieristici degli anni ’50, alcuni ricercatori hanno dedicato la loro vita ad osservare da vicino orsi bruni e orsi neri per comprenderne l’intelligenza, ovvero le loro capacità cognitive e quindi la loro comprensione del mondo che li circonda. Gli orsi, alla stregua degli scimpanzé, sono in grado di utilizzare strumenti per risolvere dei problemi. In studi sperimentali condotti in cattività, gli orsi sono capaci di posizionare oggetti di forma diversa al posto giusto per ottenere del cibo in ricompensa. Gli orsi sanno contare e categorizzare fotografie in base al contenuto, mostrando una sorprendente abilità nel formulare concetti e fare astrazioni. In natura, un orso è stato osservato fare un uso ripetuto di pietre pescate nell’acqua per grattarsi e ripulirsi il viso dopo essersi alimentato su una carcassa di balena. In anni di monitoraggio, anche se si parla di aneddoti, gli orsi hanno dato prova di grande intelligenza nel Parco. Alcuni orsi, in particolare le femmine, hanno imparato a fare scattare i lacci che vengono utilizzati per catturarli mandando in fumo settimane di preparativi. Gli orsi hanno imparato a riconoscere le persone in divisa, i veicoli e a predire le circostanze, sfidando ogni strategia messa in campo per convincerli ad allontanarsi dai paesi. Da un punto di vista evoluzionistico, la forza selettiva che ha favorito lo sviluppo di queste capacità cognitive e manipolative, è la stessa che ha consentito agli orsi di acquisire sempre maggiore abilità nell’alimentarsi di cibi particolarmente calorici e sostenere così il proprio metabolismo ed il lungo digiuno invernale. I giovani sono sicuramente quelli più curiosi e ogni oggetto naturale e non è motivo di studio, esplorazione e gioco.

Un giovane appena allontanato dalla madre sembra mettere alla prova le proprie abilità fisiche saltando e arrampicandosi da un albero all’altro. Ma ecco che un oggetto non familiare colpisce la sua attenzione. E’ sorprendente la capacità con cui questo animale sia consapevole del cambiamento indotto alla fototrappola dopo la sua manipolazione.

Ma in alcune situazioni il gioco non basta e lo scontro è inevitabile, anche se fino all’ultimo gli orsi cercano di evitare il contatto diretto fisico. Questo succede in caso di violazione dello spazio, estraneità, frustrazione e competizione del cibo.

Gli orsi evitano il contatto fisico utilizzando segnali di minaccia o di riconciliazione. Lo scontro è raro e succede quando un orso, soprattutto se estraneo, viola lo spazio di un altro orso, oppure se un orso che perde un incontro decidere di reindirizzare l’aggressività verso un terzo orso o se la competizione per uno stesso cibo è forte (ad esempio una carcassa). Nei pressi dei ramneti, attacchi veri e propri sono stati osservati soltanto nel caso di femmine con piccoli ai danni di altri orsi. Nella maggiore parte dei casi, gli orsi si studiano, si osservano e “dialogano “a distanza. Gli orsi che si affacciano nei ramneti, se subordinati, si siedono e aspettano che il dominante si allontani dall’area di alimentazione, oppure se si stanno alimentando, smettono di mangiare e si mettono in allerta. In alternativa, possono avanzare in direzione dell’altro per studiarlo o intimidirlo. Alcuni orsi evitano qualsiasi tipo di interazione, muovendosi marginalmente ai ramneti, cercando di tenere il più possibile le distanze dagli altri. Altri orsi scelgono di nutrirsi ad orari, ad esempio durante il giorno, in cui è minore il rischio che ci siano altri individui.

Due orsi si alimentano a distanza di circa 20 metri. I due animali sono consapevoli della reciproca presenza, ma continuano ad alimentarsi tranquillamente, sebbene ogni tanto alzino la testa con fare investigativo.

Quando lo scontro è inevitabile, non c’è tattica pacifica che tenga. I due animali si fronteggiano direttamente con le zampe anteriori irrigidite, la testa leggermente abbassata e iniziano a muoversi a rallentatore. Entrambi gli orsi si fronteggiano a bocca aperta, esponendo in canini. Se nessuno retrocede segue l’attacco. Uno o entrambi partono alla carica, testa abbassata di 30-45 gradi, le orecchie indietro, la bocca leggermente aperta e la testa e il corpo orientati direttamente verso l’avversario. Se uno degli orsi fugge o si sdraia nel frattempo, l’attacco può risolversi con un bluff. L’attacco inizia con un ringhio che rapidamente diventa un sonoro ruggito. Gli orsi si colpiscono, si mordono e si afferrano con le mascelle. In genere gli scontri si concludono con un vincitore e un perdente, quest’ultimo indietreggia, fa cadere la testa lateralmente e si allontana o fugge. Questo tipo di interazione si manifesta con più frequenza tra individui si sesso e età diversa, e coinvolge spesso le femmine con piccoli. Nel caso di individui di rango simile, e soprattutto femmine, e in situazioni di difesa di una fonte di cibo gli animali si confrontano a testa bassa, con naso che punta a terra, emettono dei ringhi tuonanti, brevi e ripetitivi, e espongono i canini inferiori. Gli animali sembrano in conflitto, se allontanarsi o interagire. Abbandonare una carcassa o un buon cespuglio di ramno non è una scelta facile. Gli orsi possono avanzare, oppure sedersi a terra con testa rivolta o girata verso l’altro orso, a seconda se quest’ultimo agisce da dominante o subordinato. A distanza ravvicinata essi inarcano la schiena. Ma questo tipo di interazione di rado culmina con un attacco, poiché normalmente uno degli orsi si allontana.

Due orsi si fronteggiano in maniera aggressiva.

Saper leggere lo stato d’animo di un orso è utile anche per l’uomo per evitare di mettersi a rischio interpretando in maniera eccessiva un segnale di pericolo, cosi come confondendo un segnale pacifico con un attacco. Un orso che si alza in piedi è un orso vigile o incuriosito, non sta per attaccare. Gli orsi raramente attaccano, in genere lanciano segnali di avvertimento, esprimono disagio e eseguono finte cariche. La migliore reazione in tutte le situazioni non è né fuggire, né nascondersi, né attaccare, ma farsi riconoscere in maniera pacifica e allontanarsi con calma. Per gli uomini come per gli orsi, valgono le stesse regole: evitare le situazioni che possono mettere alle strette un orso. Queste sono, ad esempio, disturbare un individuo che si sta nutrendo di una carcassa o avvicinarsi ad una femmina con i piccoli o a un orso ferito, o sorprendere un orso a distanza ravvicinata.

Un orso si mette in allerta per valutare se in arrivo è un pericolo o meno.

Nel territorio del Parco, la grande tolleranza che le persone hanno da sempre mostrato nei confronti dell’orso sono una chiara indicazione che l’orso appenninico non è aggressivo, né particolarmente pericoloso. Studi recenti sulla genomica di questa sottospecie, confermano un’indole più mansueta rispetto a quella di altre popolazioni. Tuttavia si tratta pur sempre di un grande carnivoro selvatico, dal quale è bene mantenere le dovute distanze.

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