Oltre l’orso

Gli orsi intessono relazioni con tutto ciò che li circonda

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Ogni organismo vivente è parte di un tutto. Una pianta, un animale e una roccia sono legati tra loro da rapporti di interdipendenza reciproca.

Le relazioni possono essere innumerevoli, a detta di molti studiosi, addirittura oltre la nostra immaginazione. Gli organismi competono fra loro se hanno troppe cose in comune (ad esempio il cibo). Alcuni uccidono per sopravvivere, i cosiddetti predatori; molti organismi si associano intimamente, formando vere e proprie alleanze, le “simbiosi”, spesso a vantaggio di entrambi. Relazione dopo relazione, le vite di prede, predatori, associati e il loro ambiente si intrecciano in un dinamismo unico e mutevole che cerca di puntare sempre ad un equilibrio. Ebbene, è così che nasce un ecosistema. Basta tirare più forte un filo di questa fitta trama, per modificare direzione e intensità delle relazioni, creando un improvviso e imprevedibile effetto a catena. Rompendo uno di questi fili per cause non naturali, la trama potrebbe sbrogliarsi senza possibilità di recupero. La vita degli orsi si intreccia ogni giorno a quella di altri organismi viventi (lupi, cervi, scoiattoli, formiche e piante) e non viventi (fiumi e suolo) scrivendo racconti di natura in grado di suscitare meraviglia e senso di appartenenza.

Dall’orso al picchio dalmatino, dalla volpe alla cincia mora, dalla rosalia alpina al ghiro: la faggeta è l’habitat prediletto da molte specie e l’orso appenninico è al centro di una fitta rete di connessioni che lega tantissimi organismi diversi.

Una zampata di un orso su un nido di formiche può agire meglio di un insetticida

I resti di un grande nido di Formica pratensis in primavera completamente distrutto da un orso appenninico in cerca di larve.

Le formiche sono tra gli organismi al mondo più cooperativi, e non solamente tra di loro. Ad esempio, esse offrono protezione a degli insetti dalla forma bizzarra appartenenti alla famiglia dei Membracidae, che in pratica esse “allevano” in cambio della melassa che questi defecano dopo essersi alimentati della linfa delle piante. Allo stesso modo, cacciando anche artropodi, come i ragni, le formiche determinano un ambiente epurato dai pericoli per molti insetti erbivori (afidi, cicaline e scarafaggi), che possono “pascolare” tranquilli. Nelle terre degli orsi, le formiche non hanno però vita facile. Gli orsi, assai ghiotti di adulti e larve, per cibarsene distruggono i loro nidi a colpi di zampate. Alcuni studiosi negli Stati Uniti hanno scoperto che nei pressi dei nidi danneggiati, gli arbusti di una pianta del genere Chrysothamnus (stessa famiglia dei girasoli) sono molto più rigogliosi. Come è possibile? Ebbene, grazie agli orsi, mentre le formiche rimaste sono intente a ricostruire il nido, molti piccoli predatori, come i ragni, conquistano nuovamente terreno e uccidendo molte specie di insetti erbivori, consentendo alle piante di germogliare e crescere meglio.

Gli orsi piantano semi come zelanti agricoltori fornendo cibo a se stessi e a molti altri animali.

Un orso si muove tra i cespugli di ramno, carichi di bacche alla fine dell’estate. In questo periodo, depositando in giro gli escrementi pieni di semi, il plantigrado può contribuire alla diffusione di questa pianta.

In base a studi condotti lungo i fiumi e i torrenti di risalita dei salmoni in Alaska, orsi bruni e neri possono disseminare oltre 200.000 semi di diverse bacche in un solo chilometro quadro. Non solo, ma un solo orso potrebbe consumare oltre 100.000 frutti in appena un’ora. Ma solo gli orsi ne traggono vantaggio? Gli studioso rispondono che non è così. Gli orsi, per primi, seguiti da uccelli e piccoli roditori contribuiscono tutti insieme a disseminare i semi dei frutti, facilitando l’occupazione di nuovi territori, la ricerca di condizioni ambientali più favorevoli, diminuendo la competizione tra le plantule e il rischio di inincrocio. In questo gli orsi sono molto efficaci, poiché occupano territori anche di centinaia di chilometri quadrati, percorrono distanze anche di decine di chilometri durante la fase di digestione, e disseminano almeno sette escrementi al giorno. Una ricerca condotta in Svezia ha mostrato che i semi all’interno degli escrementi degli orsi, una volta privati del loro tegumento durante la digestione, germinano un mese prima di quelli contenuti nei frutti caduti a terra da solo. Inoltre, dato che gli orsi defecano dove riposano, lo smottamento del terreno associato alla creazione di un giaciglio, potrebbe contribuire a creare le migliori condizioni per la germinazione dei semi. Dato che gli orsi scalano anche ogni giorno vere e proprie montagne, una ricerca ha evidenziato come il trasporto dei semi in quota possa garantire a molte specie di frutta, come ad esempio le ciliegie, di combattere i cambiamenti climatici, migrando (o meglio facendosi trasportare) verso aree meno calde.

I salmoni attirando decine di orsi rendono più facile la vita di topi e arvicole

Da maggio a settembre, i torrenti e i fiumi dell’Alaska prendono decisamente vita. Migliaia di salmoni risalgono la corrente dei i fiumi dalla costa oceanica per riprodursi e deporre le uova. Uno spettacolo incredibile che non lascia indifferente gli orsi. A partire da giugno, decine di orsi si aggregano lungo le zone ripariali dei fiumi per approfittare di tutti questi grassi e proteine. Per diventare obesi nel più breve tempo possibile, gli orsi si nutrono abbondatamene anche di mirtilli e delle bacche del genere Oplopanax, detti anche frutti del bastone del diavolo. Gli studiosi, attraverso l’utilizzo di fototrappole, hanno scoperto che topi e arvicole saccheggiano gli escrementi degli orsi. Ebbene, un singolo escremento di orso può contenere oltre 70.000 semi del frutto del diavolo. In pratica, un solo escremento può soddisfare il fabbisogno calorico di almeno 90 topi. Considerando il numero elevato di orsi che frequentano i margini dei torrenti e i fiumi durante l’estate, gli studiosi hanno scoperto che più del 50% dei roditori presenti, sopravvive solo in base grazie alle deiezioni degli orsi.

Alle maggiori latitudini, la risalita stagionale dei salmoni determina una fondamentale disponibilità di cibo per orsi e tante altre specie. Trasportando i resti dei pesci dai fiumi sino all’interno delle foreste, gli orsi contribuiscono a disperdere le sostanze nutritive che arrivano dal mare.

Gli orsi e i salmoni fanno squadra per migliorare la qualità dell’acqua e del terreno nei pressi di fiumi e torrenti

L’analisi degli isotopi stabili di carbonio ed azoto è stata impiegata per studiare il flusso di sostanze organiche tra l’Oceano e i fiumi nelle foreste boreali del Nord America. Ebbene, quasi il 26% dell’azoto contenuto nelle piante che vivono lungo le zone ripariali dei fiumi è risultato di origine marina. Ma come fa l’azoto a risalire i fiumi controcorrente? In estate, i salmoni risalgono i fiumi per deporre le uova e gli orsi, in particolare, che si cibano di circa il 40% dei salmoni disponibili, lasciando resti di carcasse in giro, defecando e urinando distribuiscono azoto marino fino ad oltre 500 metri dalla riva dei fiumi. Dalla ricerca è emerso, ad esempio, che oltre l’80% dell’azoto di origine marina misurato nelle foglie dell’abete bianco viene trasportato dagli orsi stessi. Gli alberi ripariali, così ben nutriti, crescono più velocemente e più densi, diventando più appetibili per cervi e alco; stabilizzano meglio gli argini e filtrano i sedimenti, rendendo più limpide le acque; creano migliori ripari per gli avannotti in crescita. Fornendo cibo e nutrienti, la squadra orso e salmone manda avanti una vera comunità che include tutti gli anelli della rete alimentare: spazzini, decompositori, erbivori e predatori. Gli studiosi affermano che la perdita di una delle due specie avrebbe gravi conseguenze ambientali su tutti gli organismi che vivono nello stesso ambiente, da un’alga o un batterio fino a decine di specie di mammiferi e uccelli.

Il lupo facilita la vita degli orsi cambiandogli addirittura le abitudini

Nel 1995, nel Parco Nazionale di Yellowstone, in America sono stati reintrodotti i lupi, dopo oltre sessanta anni di assenza. Un’occasione di ricerca che gli studiosi non si sono fatti sfuggire. L’arrivo dei lupi cosa ha comportato? Come prima cosa, i lupi hanno ridotto il numero delle loro prede preferite, i cervi wapiti, influenzandone anche le abitudini alimentari, mutate a fronte della necessità di sfuggire ai loro nuovi predatori. A sua volta, molti arbusti produttori di bacche hanno subito una crescita esplosiva, grazie alla minore pressione alimentare esercitata dai cervi, con un aumento, quindi, della disponibilità e del consumo di bacche da parte degli orsi grizzly. Non solo gli arbusti, ma anche la vegetazione ripariale di molti fiumi è diventata più rigogliosa, offrendo un ambiente ideale per molte specie di uccelli e ai castori che sono aumentati numericamente. Costruendo le loro dighe sui fiumi, i castori hanno creato nuove nicchie ecologiche che hanno favorito lontre, pesci, rettili e anfibi. Non solo, ma con il ritorno del lupo, è aumentata anche la disponibilità di carcasse di cervi e alci durante tutto l’anno e soprattutto nella stagione invernale, offrendo nuove fonti alimentari a corvi, gazze, aquile, orsi, coyote. Questa è quella che viene definita una cascata trofica. Un ecosistema è cambiato e si arricchito grazie al ritorno di un suo anello scomparso per mano dell’uomo.

Il confronto fra un lupo e un gruppo di cervi bloccati dalla neve nel cuore dell’inverno su un pendio dell’Appennino. Con la loro presenza, i grandi carnivori influenzano il comportamento e i movimenti degli ungulati selvatici.

L’occasione fa l’orso ladro, tutto è lecito per diventare obesi

Gli orsi sono molto abili a sottrarre una preda a lupi e linci, un comportamento chiamato cleptoparassitismo. Ma gli studiosi hanno trovato altre due vittime degli atti di pirateria degli orsi. Si tratti di due piccoli roditori che non pesano ciascuno più di poche centinaia di grammi. Nel Parco Nazionale dello Yellowstone, tra aprile e maggio, gli orsi trascorrono molto tempo a scavare con il muso a terra nelle praterie ancora parzialmente innevate. Questo ambiente ospita un piccolo roditore con abitudini sotterranee, il Thomomys talpoides, che si nutre di piante e di radici. Questi animali costruiscono elaborate gallerie dove nascondono il cibo, le cui entrate sono visibili sul terreno sotto forma di mucchietti di terra. Gli orsi, sebbene si nutrano occasionalmente anche di qualche individuo, fanno bottino delle riserve accumulate da questi roditori, ricche di radici di yampah e Claytonia virginica. Ma è in autunno che l’orso incontra la sua seconda vittima. Negli anni di abbondanza di pinoli (Pinus albicaulis), gli orsi non si procacciano questi semi direttamente, ma in più del 90% dei casi li rubano dalle scorte sotterranee degli scoiattoli rossi. In pratica, gli orsi dipendono da uno scoiattolo per sfruttare una risorsa ricca d’energia e fondamentale per trascorrere l’inverno a digiuno e riprodursi con successo.

Gli orsi sono dei veri e propri ingegneri ambientali, ovvero trasformano la corteccia in cibo e rifugio

I segni lasciati sul tronco morto di un abete dai morsi e zampate di un orso bruno in cerca di larve di coleotteri e altri invertebrati.

Gli orsi marcano la loro presenza sui tronchi degli alberi con graffi, morsi e il loro stesso odore sfregandosi intensamente. Questi alberi di marcatura possono essere utilizzati dagli animali anno dopo anno, anche per molto tempo. Ma gli orsi mordono la corteccia degli alberi anche per nutrirsi della loro linfa, per mangiare formiche nel legno e addirittura scavarsi delle tane. Attraverso l’analisi di 278 segni lasciati dagli orsi sulla corteccia di alberi di abete bianco, uno studio condotto nelle montagne dei Carpazi settentrionali, in Polonia, ha potuto documentare come in oltre il 40% dei casi, insetti xilofagi (ovvero che mangiano il legno) vi avessero scavato delle gallerie e nella maggior parte dei casi anche trivellate a colpi di becco dai picchi. Le “ferite” più colpite erano quelle più vecchie, ovvero scavate almeno cinque anni prima. Come spiegare questo fenomeno? Le “ferite” esposte agli agenti atmosferici e all’azione microrganismi e funghi, decomponendosi sono diventate un microambiente ideale per molte specie di coleotteri (di cui alcune molto rare) che depongono le proprie uova in minuscoli fori sulla corteccia e le cui larve si nutrono poi del legno, scavando appunto gallerie. Di queste stesse larve fanno però incetta i picchi, che approfittano delle aree già scortecciate dagli orsi. Lo studio ha anche dimostrato che gli alberi “feriti “sono stati colonizzati anche ad altri animali (come roditori, anfibi) che vi hanno trovato un comodo rifugio e protezione.

In Appennino, molte delle relazioni che legano l’orso al suo ambiente sono ancora da scoprire, ma, in base alle tante ricerche condotte in tutto il mondo, non c’è dubbio che l’orso possa avere un ruolo chiave anche negli equilibri di questi ambienti

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