Come è fatto

Gli orsi hanno il “fisico” per arrampicarsi, scavare, raccogliere, predare e corteggiare

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Un orso avanza con un andamento dondolante e un passo ambio, definito tale per lo spostamento quasi simultaneo di due arti dello stesso lato.

In genere questi animali, dalla corporatura massiccia, si muovono con un’andatura lenta. Il peso degli orsi è fortemente influenzato dall’età e dalle stagioni. Il massimo viene raggiunto in autunno, quando gli orsi continuano ad accumulare un eccesso di massa grassa, diventando praticamente obesi. Trasportare un tale peso limita molto la velocità dei movimenti e comporta delle modifiche nella postura, ma consente agli orsi l’abilità di riuscire sopravvivere fino a sei mesi senza mangiare e bere, in uno stato di dormienza, detto ibernazione.

L’anatomia dell’orso bruno lo rende un animale in grado di compiere diverse azioni, con forza ma anche con delicatezza.

L’orso è tra i più grandi carnivori terrestri e il peso di un piccolo alla nascita può essere 500 volte inferiore a quello della madre.

Il peso medio di un maschio adulto dell’Appennino si aggira sui 144 kg, variando tra i 66 e i 205 kg, mentre le femmine sono più leggere, con un peso medio di 93 kg (68-151 kg). Prima dell’ibernazione, il peso di un orso in un anno può incrementare anche di 30-40 kg. La lunghezza totale del corpo varia da 133 a 181 cm nei maschi adulti e l’altezza al garrese da 71 a 100 cm, mentre nelle femmine queste misure sono rispettivamente di 122-150 cm e 62-87 cm. Pertanto, se si solleva sulle zampe posteriori, un orso può raggiungere un’altezza anche di un paio di metri. L’orso è tra i mammiferi con la più grande differenza ponderale tra la nascita e l’età adulta. I piccoli nascono prematuri e sono definiti atriciali. I neonati sono ciechi e privi di pelo e pesano non più di 500 grammi. L’accrescimento degli orsi è massimo nei primi cinque anni di vita, sebbene, soprattutto nei maschi, per i quali le dimensioni fanno la differenza nella competizione per le femmine, la crescita può protrarsi anche in età adulta.

Gli orsi maschi (sinistra) sono notevolmente più grandi delle femmine (destra). I primi possono arrivare a 200 kg di peso e 180 cm di altezza, mentre le seconde di rado raggiungono il quintale e 150 cm, rispettivamente.

I muscoli e lo scheletro degli arti si sono modificati in modo da rendere gli orsi i più forti, i più agili, ma anche i più lenti tra i carnivori terrestri.

Negli orsi, gli arti si sono adattati per resistere al carico di un peso in “eccesso”. I muscoli risultano ben sviluppati per tutta la lunghezza dell’arto. Le scapole con l’evoluzione si sono irrobustite e ingrandite “fuori misura”, rispetto ad altri carnivori, per offrire un forte punto di ancoraggio ai poderosi muscoli delle spalle anch’essi “oversize”. Ma anche le altre ossa dell’arto anteriore sono caratteristiche: l’omero si è fatto più robusto, mentre il radio si è leggermente incurvato, e il processo olecranico dell’ulna ha cambiato morfologia per sostenere maggiormente i muscoli bicipiti. Le articolazioni del gomito e del polso si sono fatte più mobili, cosicché soprattutto i piedi possono assumere sia la posizione supina che quella prona. La maggior parte dei carnivori cammina sulla punta dei piedi, mentre l’orso, come l’uomo, appoggia il suo peso su tutta la pianta dei piedi: postura da plantigrado che conferisce sostegno e stabilità. Il risultato di tutto questo è che gli orsi non corrono, ma ambulano piuttosto, sebbene possano raggiungere in corsa anche una velocità di ben 45-50 km/h, seppure per distanze molto brevi. Tuttavia arti così robusti e strutturati conferiscono molti altri “poteri” agli orsi. Gli orsi sono in grado di arrampicarsi ovunque per mangiare o sfuggire ai pericoli, possono scavare per cercare cibo o costruirsi un ricovero invernale, e manipolare con agilità gli oggetti.

Ogni piede è dotato di lunghi artigli ricurvi ideali non solo per scavare e afferrare oggetti, ma anche per lottare con altri orsi.

Le impronte dell’orso sono inconfondibili per dimensioni e forma e per la presenza di cinque unghie. I piedi anteriore e posteriore presentano dei palmi costituiti da uno spesso pannicolo adiposo ricoperto da una epidermide ispessita. Questo è il cuscinetto plantare, reniforme e esteso trasversalmente nel piede anteriore, piriforme ed esteso longitudinalmente invece nel posteriore. Il piede anteriore di un individuo adulto è lungo 9-15 cm e largo 9 -14 cm, mentre quello posteriore rispettivamente 14-23 cm e 8-19 cm. Le cinque unghie robuste, ricurve e non retrattili possono raggiungere anche più di 10 cm di lunghezza. Grazie alla plantigradia gli orsi possono ergersi su due zampe, postura che assumono quando sono incerti o curiosi.

Un grosso maschio di orso appenninico in allerta si alza sugli arti posteriori. Passando con il mouse sull’immagine si evidenzia la muscolatura poderosa dei pettorali e degli arti anteriori, nonché la loro struttura scheletrica che culmina con unghioni lunghi anche 10 centimetri. (Illustrazione © Lorenzo Peter Castelletto)

La dentatura e la struttura del cranio hanno subito delle modifiche nel tempo che si adattano perfettamente ad una dieta onnivora.

La dentizione degli orsi si completa a circa 15 mesi di vita ed è costituita da 36-42 denti. I premolari, detti vestigiali, sono spesso decidui o ridotti nel numero e nelle dimensioni e possono non essere presenti in alcuni individui. Gli orsi utilizzano incisivi e canini per afferrare e tagliare e i molari per triturare e frantumare. La dentatura degli orsi ha diverse peculiarità, tra cui la presenza di un diastema (spazio privo di denti posteriori ai canini), comune anche agli erbivori, ideale per strappare l’erba. Gli orsi hanno anche una lunga e ampia superficie molare, con molari particolarmente piatti e con un aspetto tubulare (denti bunodonti), adatti a triturare cibo di vario genere.

Mandibole di orso, lupo e camoscio appenninici a confronto (non in scala). La dentatura di un animale onnivoro come l’orso presenta caratteristiche a metà strada tra quelle di un erbivoro e di un carnivoro puro.

Gli orsi marsicani possiedono un cranio unico nel suo genere: più corto, largo, alto e con un rostro molto più breve di qualsiasi orso bruno europeo. Ciò che lo contraddistingue è proprio l’espansione delle due apofisi sopraorbitarie e la maggiore distanza tra le due arcate zigomatiche, con conseguente allargamento del profilo facciale. Dal punto di vista evolutivo, gli studiosi ritengono che l’allargamento della fossa temporale sia una conseguenza dell’espansione dei muscoli massetere-pterigoideo e temporali coinvolti nella masticazione, conferendo una maggiore forza al morso. Tale modifica sembrerebbe essere associata ad una maggiore componente fibrosa vegetale e frugivora secca nella dieta di questi animali. Questa ipotesi sembrerebbe essere sostenuta anche dal cambiamento di forma del primo molare. Variazioni nella forma dei denti e dell’arcata zigomatica e della fossa temporale sono state osservate anche nel panda. che presenta appunto una dieta esclusivamente vegetariana. Se a queste modifiche si aggiunge la presenza esclusiva di alcuni enzimi digestivi specifici per le piante erbacee, il marsicano è tra gli orsi bruni quello più specializzato in una dieta vegetariana.

La zoologa Anna Loy ci parla delle peculiarità del cranio dell’orso appenninico, che lo differenziano da tutti gli altri orsi bruni e ne sottolineano l’unicità.

Per trovare il cibo e comunicare, gli orsi soprattutto “seguono il naso”, ma la vista e l’udito a corto raggio possono essere molto utili per fare le scelte giuste.

L’olfatto gioca un ruolo importante nella vita degli orsi. Quando un orso si muove nel suo territorio è raggiunto da migliaia di odori e utilizza l’olfatto per localizzarli tutti, che siano cibo, acqua, compagni, competitori o pericoli. Recenti studi mostrano come questi animali riescano a comunicare tra di loro attraverso il rilascio e la deposizione di “scie” chimiche odorose. L’olfatto dell’orso è oltre duemila volte superiore a quello dell’uomo, sebbene sia paragonabile a quello di altri carnivori. L’area del cervello che gestisce l’olfatto, chiamata bulbo olfattivo, è almeno cinque volte più grande della stessa area del cervello umano ed è molto più innervata rispetto ad altri carnivori. L’epitelio all’interno del loro naso ha centinaia di volte più recettori di quello di un essere umano. Alcuni studi condotti sull’orso polare, hanno documentato che gli orsi utilizzano le correnti di aria, ovvero si mettono sotto vento, per individuare le carcasse di animali morti anche a diversi chilometri di distanza. Ma gli orsi sono molto abili a localizzare il cibo anche sottoterra, come nel caso di roditori, bulbi o insetti.

Primo piano di un giovane orso in allerta. Per interpretare i segnali che arrivano dall’esterno, l’animale utilizza contemporaneamente tutti i sensi anche se prevale l’olfatto.

Gli orsi hanno occhi molto piccoli rispetto alla dimensioni del cervello e sono praticamente miopi. La vista è utilizzata dagli orsi in coordinazione con l’olfatto per individuare, ad esempio, le parti più appetibili di una pianta specifica. Gli orsi comunicano vocalizzando con altri orsi, ma anche con altri carnivori competitori. Alcun studi, ad esempio, hanno dimostrato come orsi e linci si contendano le carcasse a suon di voce, ovvero utilizzano i versi per segnalare al loro presenza e ridurre la competizione. Ma con l’udito gli orsi sono anche in grado di localizzare piccole prede sotto terra, o trovare carcasse di ungulati selvatici seguendo il rumore degli spari dei cacciatori. Questo dimostra come anche l’udito abbia un ruolo importante nella vita di un orso, sebbene sia meno acuto e sviluppato rispetto a quello di altri carnivori.

Tutta la vita degli orsi gira intorno alla ricerca di cibo. Essi devono ingrassare per ibernare e riprodursi. Perciò non sorprende che si siano evoluti morfologicamente per potenziare le capacità di trovare cibo e competere, e che utilizzino soprattutto l’olfatto per “descrivere” il proprio mondo ecologico e sociale.

Gli orsi manifestano notevoli capacità cognitive, come risolvere problemi o utilizzare strumenti, che, secondo alcuni studiosi, possono essersi evolute parallelamente alla loro abilità di alimentarsi di qualsiasi cosa.

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