L’orso e la formica

Vere dominatrici della Terra, le formiche tessono le fila dell’esistenza di decine di specie di piante e animali, compreso l’orso.

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In una giornata di metà maggio, quando l’aria è umida e calda, basta abbassare il proprio punto di vista a pochi millimetri dal terreno per entrare in un regno incredibile, quello delle formiche.

Quando le temperature superano i 20 gradi centigradi c’è fermento, sopra e sotto la terra. Le formiche brulicano sulle cime dei massi, tra i ciuffi di erba e gli arbusti, sui cumuli di terra, tra le foglie della lettiera, sulle radici e le cortecce degli alberi. In pochi metri quadri, milioni di formiche in colonna esplorano il territorio in cerca di bruchi, ragni, semi e frutti, mentre altre accudisco e “mungono” gli afidi, e altre ancora combattono e arruolano alleate in difesa della propria colonia. Rifugiate all’interno dei nidi, le operaie di una stessa colonia, costruiscono e difendono il nido e si prendono cura delle regine madri, le puliscono e le nutrono, così come fanno con le uova da loro deposte che diventeranno larve, poi pupe e infine adulte. E’ dalla nascita di nuove regine vergini e da maschi alati che dipende il futuro della colonia. La vita di quest’ultima ruota attorno ad un unico obiettivo: riprodursi, difendersi e propagarsi. Una colonia di formiche può considerarsi come un macro-organismo autosufficiente e la sua forza è proprio nella capacità delle formiche di creare solidi legami e complessi ordinamenti sociali. Ogni formica ha un suo ruolo all’interno di una struttura gerarchica, organizzata in caste. L’unione fa la forza e ogni colonia ha un proprio odore identificativo e unico che rafforza i legami. Quando arriva la stagione riproduttiva, a partire da fine giugno, sciami di regine vergini e maschi alati emergono dai nidi e gremiscono l’aria accoppiandosi. Le regine, sopravvissute a rospi, ragni, uccelli e all’attacco di altre formiche territoriali, si strappano le ali e cercano un posto in cui scavare un nuovo nido o tornano nei nidi originari, mentre i maschi muoiono nel giro di poche ore, lasciandosi però dietro migliaia di discendenti.

In soli 20 metri quadri di terreno è possibile contare decine di nidi di specie diverse di formiche, ognuno contenente migliaia di insetti e l’orso non si lascia sfuggire questa occasione.

Ad un occhio inesperto tutte le formiche sono uguali, ma non è così. Negli ultimi anni, attraverso analisi dettagliate dei resti delle formiche trovati negli escrementi di orso, si è scoperto che gli orsi si alimentano di più di quaranta specie diverse. La ricchezza di ambienti del Parco (praterie, radure, cespuglieti e foreste) rappresenta un contesto ideale per la vita di questi insetti e ospita, in realtà, ben più di ottanta specie diverse. Le formiche sono costruttrici di “grattacieli” aerei e sotterranei che possono raggiungere diversi metri, sia in profondità che in larghezza. Le operaie sono dei formidabili ingegneri: esse scavano i nidi in verticale e muovendosi tra i vari livelli, trasportano negli “appartamenti” migliori le future generazioni. Questo per far fronte a qualsiasi variazione di condizioni ambientali che potrebbe compromettere il successo riproduttivo della colonia, come per esempio temperature troppo fredde (sotto i 10 gradi) o troppo calde (sopra i 30 gradi). Infatti, i nidi sono progettati per assicurare le giuste condizioni di temperatura e umidità necessarie per allevare le covate. Le formiche concentrano i nidi sotto le rocce, in genere appiattite e appena infossate sul terreno e ben esposte al sole: riscaldandosi rapidamente, le pietre creano la giusta temperatura per “svegliare” la colonia, mentre le larve, grazie al tepore e al rifornimento di cibo garantito dalle operaie, crescono più rapidamente. Altre specie, invece, costruiscono monticelli di terra o “acervi”, che possono essere composti di foglie, steli di erba e aghi di conifere. Gli acervi, che possono raggiungere anche un metro di altezza, sono ricchi di gallerie e camere interconnesse tra di loro. Altre specie ancora costruiscono il loro nido in cavità preesistenti di alberi o tronchi, in genere morti o morenti.

Foraggiatrici di Lasius fuliginosus pattugliano il loro territorio in cerca di cibo che trasportano nei loro nidi ricavati dentro vecchi faggi.

Tra giugno e luglio gli orsi trascorrono moltissimo tempo a rovistare sotto rocce, alberi morti o cumuli di terra alla ricerca dei nidi di formiche, che in questi mesi brulicano degli insetti adulti e delle loro covate.

Tra giugno e luglio, più del 36% della dieta dell’orso è assicurato dalle formiche. Durante annate particolarmente calde e secche, quasi la metà della dieta può essere composta da sole formiche. Questi valori sono confrontabili con quelli di altre popolazioni sia di orso bruno che di orso nero, ma sono tra i più alti documentati per l’orso bruno in Europa. Il picco di consumo, tra fine giugno e la metà di luglio, coincide con la presenza delle covate (uova, pupe e larve) nei nidi, ma gli orsi possono consumare formiche adulte tutto l’anno. I plantigradi fanno affidamento sui loro artigli per avere accesso ai nidi, sia che questi si trovino sotto una roccia o all’interno di un tronco o di un acervo. Sollevano le rocce, che possono raggiungere anche 3 metri quadri di superficie e alcuni quintali di peso, e scavano sulla superficie dei nidi a zampate veloci. Se le formiche sono aggressive, gli orsi le lasciano sciamare sulle loro zampe per poi leccarle, oppure leccano direttamente la superficie devastata. Il tempo necessario alle operaie per mettere in salvo le covate nelle profondità del nido è in genere superiore alla decina di secondi e ciò offre all’orso la possibilità di una vera propria razzia. Insieme alle formiche però, gli orsi ingurgitano anche detriti di terra e le foglie che fanno parte nel nido, come si può indovinare osservando da vicino una fatta di orso.

Un mirmecologo può identificare le specie di formiche recuperate in una fatta di orso, in base alle differenze morfologiche dei resti indigesti delle teste, dei toraci e degli addomi.

Perché gli orsi mangiano le formiche? Le formiche sono ricche di proteine, grassi e aminoacidi molto rari di cui gli orsi sono privi, tutti nutrienti fondamentali per mettere su massa corporea, favorire l’accrescimento e l’accumulo di grassi. Ogni formica può fornire circa 0,004 chilocalorie e gli orsi possono consumarne anche milioni al giorno. Poche ore di scavo di nidi e ribaltamento di sassi, possono soddisfare gran parte del loro fabbisogno energetico. Durante la stagione primaverile, gli orsi adulti necessitano di integrare le riserve proteiche eventualmente perse durante la fase di svernamento (gli orsi possono perdere dal 20 fino al 40% del peso accumulato in autunno), così come i cuccioli di appena 5-6 mesi (nati in tana) ne hanno necessità per crescere.

All’inizio dell’estate, un orso si aggira tra i ginepri alla ricerca di nidi di formiche. Una volta, attaccate, le operaie di Formica pratensis si difendono spruzzando a distanza di decine di centimetri acido formico.

Gli orsi hanno un’unica filosofia di vita: mangiare tanto e con poco sforzo. Nel caso delle formiche, essi preferiscono soffermarsi a lungo su pochi nidi ma abbondanti, oppure vagano sollevando tutte le pietre e i tronchi che trovano.

Gli orsi si alimentano soprattutto di 5 generi di formiche. I generi Formica e Lasius ricorrono in più del 70% degli escrementi contenenti questi imenotteri. Seguono Tetramorium (circa 40%), Camponotus (circa 24%) e Myrmica (circa 20%), che sono anche i generi più abbondanti nel Parco. Tra i Lasius, gli orsi vanno ghiotti soprattutto delle specie gialle, ovvero di piccole formiche del colore del miele. Quando gli orsi ne scovano i nidi, se ne cibano in maniera esclusiva. Queste formiche, infatti, formano colonie molto grandi, sia superficiali che sotterranee, molto ravvicinate tra loro. Inoltre, le operaie producono una secrezione, ovvero un feromone, molto odoroso e dolce che sembra attrarre gli orsi. Queste formiche, inoltre, una volta disturbate, sono tra le più lente a mettere in salvo le covate. La maggior parte delle formiche del genere Formica costruisce monticelli visibili che ospitano colonie molto numerose: un ottimo bottino per gli orsi, perché consente loro di mangiare a lungo senza muoversi troppo (con grande risparmio di energia). Tra tutte dominano le specie appartenenti al gruppo Serviformica, come Formica pratensis e Formica sanguinea. Gli altri generi formano colonie più piccole, o comunque meno “vistose”, ma sono ubiquitarie nel Parco. La presenza nella dieta di formiche del genere Myrmica è alquanto curiosa, essendo di per sé insetti molto aggressivi, battaglieri e dotati di un pungiglione, e in genere evitate da molti mammiferi anche insettivori. Ma non sembrerebbe essere il caso dell’orso marsicano. Gli orsi in Appennino preferiscono cibarsi soprattutto di formiche che vivono in praterie aperte o nelle zone di transizione con le foreste, mentre sono pochissime, in pratica solo due, le specie consumate nelle faggete che fanno nidi scavati nel legno. Si tratta della formica Lasius fuliginous e di Aphaenogaster subterranea. Negli escrementi sono state trovate da una fino a sei specie diverse di formiche, a seconda della strategia di alimentazione messa in atto dagli orsi.

Milioni di anni di evoluzione hanno consentito a questi insetti di pochi millimetri di regolare la vita di interi ecosistemi.

I Lasius gialli costruiscono la loro colonia parassitando e schiavizzando altre formiche Lasius, fino a prendere il sopravvento. In Appennino, questi insetti scavano i loro nidi sotto le rocce, ma sono costruttori di voluminosi cumuli costituiti da terra e detriti vegetali. Queste formiche sono esperte nell’allevamento di afidi e si nutrono d’altronde quasi esclusivamente di sostanze zuccherine, che ricavano appunto dagli escrementi di questi insetti. Infatti, gli afidi si nutrono della linfa zuccherina del floema delle piante, aspirandola attraverso la proboscide aghiforme. La formica si avvicina con le antenne e le zampe anteriori e l’afide risponde emettendo una goccia di liquido dall’ano. La formica reagisce leccando la melata e passa da un afide all’altro nutrendosene fino a gonfiare il proprio addome. Essa poi ritorna al nido satolla e rigurgita la melata nella bocca delle compagne. Queste formiche sono delle vere e proprie allevatrice di bestiame, e gli afidi vengono allevati a distanza o addirittura nel nido stesso. Questo tipo di relazione si chiama simbiosi mutualistica o trofobiosi: cibo in cambio di protezione.

Lasius fuliginosus è il “padrone” delle foreste di faggio. E’ una specie molto territoriale e si difende predando le formiche nemiche. Le foraggiatrici pattugliano aree esclusive di dimensioni anche di centinaia di metri quadri che includono decine di alberi, utilizzati a loro volta sia per allevare gli afidi che come nidi primari e secondari. Infatti, le operaie ricavano i nidi all’interno di crepe o buchi di vecchi faggi. I nidi sembrano fatti di cartone, ma non si tratta altro che di legno macerato e cementificato dalla loro saliva. Esse foraggiano di giorno e di notte senza sosta, formando delle vistose colonne che brulicano da un albero all’altro. Ma non sempre riescono a tornare a bocca piena, perché in agguato ci sono dei veri e propri truffatori. Si tratta di un coleottero del genere Amphotis molto abile a comportarsi da “operaia sorella” in cerca di cibo. Il coleottero tamburella la testa delle formiche e ne stimolano il rigurgito. Quando le formiche si accorgono dell’inganno, attaccano, ma il coleottero ritira le zampe e diventa praticamente intoccabili.

Nella sequenza: Lasius giallo spp., Lasius Fuliginosus, Formica pratensis, Tetramorium spp.

Formica pratensis è facilmente riconoscibile perché ha delle note rossastre nella colorazione e per il fatto di costruire acervi anche di diversi metri di diametro con aghi di ginepro, terra e erba. Sono note per essere “predatrici più specializzate”delle altre formiche, ma soprattutto per avere un sistema molto efficace di difesa. Quando si sentono attaccate, esse si lanciano contro il nemico, ed ergendosi sulle zampe posteriori, spruzzano a distanza di decine di centimetri acido formico. In generale, le formiche possono essere paragonate a dei veri e propri battaglioni armati, che serbano nel proprio codice genetico ogni dettaglio di una complessa strategia di attacco e difesa. La colonia viene prima di tutto.

Le formiche Tetramorium formano colonie meno numerose rispetto ai generi Lasius e Formica e sono dominate da un’unica regina. Queste formiche predano ragni e altri insetti, oltre a cibarsi di sostanze zuccherine. Inoltre, esse hanno stretto un “accordo” con il bruco di una farfalla licenide (genere Polyommatus). Privo di protezioni intrinseche contro i predatori e le vespe che possono parassitarlo depositando all’interno del suo corpo le proprie uova, il bruco ha sviluppato una stabile forma di simbiosi con queste formiche. Grazie a delle ghiandole speciali i bruchi sono in grado di produrre un liquido ricco di zuccheri e aminoacidi di cui le formiche vanno ghiotte e che le spinge a proteggerli avvolgendoli con pareti di terra o nascondendoli nei loro stessi nidi.

Ogni anno, in Appennino, tutti gli orsi, indipendentemente dall’età e dal sesso, consumano formiche con costanza. Un punto fermo nella dieta degli orsi, le formiche sono fondamentali per la crescita e sopravvivenza dei cuccioli di orso. Le femmine e i giovani rispetto ai maschi adulti sono di dimensioni più piccole e quindi, a parità di formiche consumate, possono mettere peso più rapidamente. Inoltre le formiche sono ovunque, e quindi non attirano più orsi nello stesso punto, come potrebbe fare ad esempio la carcassa di un cervo. Questo consente alle femmine con piccoli di trovare spazi tranquilli e sicuri, lontani dai maschi adulti, che proprio in primavera possono essere molto pericolosi per i nuovi nati.

Un voluminoso acervo di terra costruito come nido dalle operaie di Lasius giallo.

Minnesota e Appennino, due paesi, due orsi, stessa storia

L’esperto di orsi americana Karen Noyce ci ha spiega l’importanza formiche come risorsa alimentare per l’orso nero in Minnesota. “Nel Nord del Minnesota – Karen racconta con un entusiasmo contagioso – gli orsi neri consumano un quantitativo inaspettato di formiche, soprattutto se messi a confronti con altre popolazioni di orso nero. Da giugno fino a metà luglio più del 50% della loro dieta è costituita da formiche, tra adulti, larve e pupe”. Le formiche sono davvero cruciali per gli orsi da lei studiati. Karen ci spiega che quando escono dalle tane, gli orsi giovani, le femmine che hanno partorito l’anno precedente e quelle che hanno appena partorito, hanno bisogno di rimettersi in forze. I giovani, soprattutto, devono utilizzare tutto il loro tempo per mettere su ossa e muscoli. Con il progredire dei mesi, l’erba diviene sempre più povera di proteine e la stagione della frutta è lontana, ma ecco che le formiche, ricche di proteine e grassi, diventano attive e si riproducono. “Proprio al momento giusto – esclama Karen con un sorriso ancora meravigliato – Grazie alle formiche, almeno nella nostra area di studio, i giovani orsi continuano a crescere e non perdono peso, come succede invece in altre aree “. Ma la storia non è finita qui. Quando Karen ha iniziato a studiare la dieta degli orsi neri nel Nord del Minnesota, la sua più grande sorpresa è stata che di tutte le specie di formiche che lei e i suoi collaboratori osservavano brulicare in superficie nei boschi, praticamente nessuna era presente negli escrementi degli orsi. L’unica formica di cui si alimentavano gli orsi, era una piccola formica gialla, nota come Lasius umbratus, di cui non c’era traccia apparente in tutta la loro area studio. Da qui la curiosità e la voglia di trovare una risposta. Le formiche gialle conducono una vita più discreta e appartata delle altre formiche; vivono in profondità sotto terra e si nutrono principalmente della melassa prodotta da degli insetti, gli afidi, che le formiche stesse allevano. “Una volta trovato il nido, sempre che ci riesci – sorride Karen mentre racconta – ecco che ti appaiono migliaia di formiche con le loro larve, tranquille, che non fuggono e che al massimo liberano una sostanza difensiva che sa di citronella, che le rende forse ancora più appetibili o individuabili. Un pasto facile e nutrienti che non sfugge al fiuto dell’orso”. La stessa cosa è accaduta ai ricercatori dell’Università di Roma, perché anche gli orsi appenninici trovano irresistibili le formiche gialle: “L’unica volta che sono riuscito veramente a vederle tutte assieme e numerose è stato durante un involo nuziale – racconta Maurizio Mei dell’Università La Sapienza – mi sono volate decisamente sopra la stessa”.

Gli orsi in Appennino mangiano formiche tutto l’anno. Le formiche sono una fonte di nutrienti ricca, costante e importante per la crescita e sopravvivenza di questa popolazione e anche quella che forse risentirà meno dei cambiamenti climatici: una garanzia per il futuro dell’orso.

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