L’albero della cuccagna

I frutti del faggio sono delle vere e proprie bombe caloriche per gli orsi

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C’è aria di promessa in Appennino centrale. Dopo diversi anni di attesa, in primavera, i faggi sono in fiore, e già a partire da fine luglio i rami si piegano sotto il peso dei frutti non ancora maturi.

Oltre 30.000 frutti o faggiole possono essere prodotti da un singolo albero in una stagione vegetativa. Una vera cuccagna per centinaia di specie animali, se i frutti riescono ad arrivare a maturazione, che si verifica soltanto in alcuni anni molto speciali. Ma è in autunno che le foreste si animano più degli altri anni. I rami degli alberi vengono presi di mira da uccelli, come cince e fringuelli, e roditori, tra cui ghiri e scoiattoli, che fanno incetta dei frutti. Le faggiole mature cadono a terra per gravità, sollecitate dai numerosi visitatori e dalle folate di vento autunnali. La lettiera si ricopre di migliaia di cupole coriacee spinose e scricchiola sotto il peso di cinghiali, cervi e caprioli che vi affondano il muso alla ricerca di cibo. Ma c’è fermento anche sotto terra. Le arvicole operose trasportano e accumulano le faggiole nei loro cunicoli per assicurarsi una riserva di cibo per l’inverno e la primavera successiva. Ovviamente l’orso non rimane indifferente a questa cuccagna.

L’occhio invisibile di una videocamera remota rivela i movimenti di orsi e cinghiali alla ricerca di faggiole in una faggeta di montagna agli inizi dell’inverno.

L’autunno del 2007 è stato un anno di straordinaria pasciona nel Parco. Già a partire dalla prima settimana di ottobre gli orsi sembravano essersi dati un appuntamento. Nel giro di poche settimane due femmine adulte, F07 e F06 e un maschio giovane M09 sono stati localizzati nella stessa valle, all’interno di una delle foreste più rigogliose nel cuore del Parco. Quando le faggiole sono molto abbondanti, gli individui possono nutrirsi a lungo anche in aree molto ristrette senza mai abbandonarle. Mediante la radiotelemetria abbiamo scoperto che alcuni orsi hanno frequentato aree di dimensioni inferiori al mezzo chilometro quadro per quasi una settimana.

Elisabetta

Tonnellate di calorie

Il frutto del faggio o “faggiola” è costituito da una cupola coriacea che racchiude al suo interno due acheni, semi triangolari e legnosi che contengono zuccheri e una grande quantità di olii. Ogni frutto corrisponde a circa 2 chilocalorie. In un anno di pasciona una foresta può produrre in media 246 kg di faggiola per ettaro, quindi ogni ettaro di foresta può contenere fino a 500.000 kcal. Se si considera che le foreste di faggio coprono circa 24455 ha nel Parco, in un solo anno possono essere prodotte oltre 6000 tonnellate di frutti. A confronto con altri frutti polposi (es. mele o pere) le faggiole sono più ricche non solo di grassi (18.4%) ma anche di proteine (14.6%) e di minerali. Con un solo cibo gli orsi riescono a ingrassare rapidamente senza quasi nessuna fatica. Un cibo ipercalorico e nutritivo che consente alle femmine di portare avanti la gravidanza e poi far nascere e allattare i piccoli.

Quando i frutti sono pienamente maturi e “piovono” a terra, in autunno, gli orsi trascorrono le giornate arando il terreno come i cinghiali. Negli anni di scarsa produzione di frutti, la competizione con uccelli, roditori e cinghiali è così alta da indurre gli orsi ad adottare un’altra strategia: arrampicarsi sugli alberi e cogliere i frutti direttamente dai rami. Dopo un autunno di pasciona, i semi nascosti tra le foglie morte della lettiera, prima, e coperte dalla neve invernale, poi, attendono la primavera e così fanno anche gli orsi nelle loro tane. Da aprile fino a giugno, i frutti che sono riusciti a resistere per mesi all’attacco di muffe, batteri, insetti ma anche uccelli e mammiferi diventano un eccezionale integratore di nutrienti alla dieta degli orsi. Questi animali utilizzano il loro raffinato olfatto e acuto udito per scavare tra le foglie e frugare nelle “stive” dei piccoli roditori. Sebbene cervi e cinghiali siano presenti in gran numero nel Parco, dopo la pasciona gli orsi trovano ancora ghiande e faggiole in abbondanza anche in primavera. Insomma: ce n’è per tutti.

Una cincia mora becca il frutto di un faggio ancora attaccato all’albero. In Appennino sono solo gli orsi ad approfittare degli anni di pasciona, ma decine di specie diverse.

Era il 14 dicembre del 2007. Tre degli orsi che seguivamo erano rimasti in una stessa area per settimane. Mediante la telemetria ci eravamo assicurati che gli orsi fossero lontani ed eravamo addentrati nella foresta cercando di sovrapporre i nostri passi per non fare rumore. Ricordo che era una giornata molto ventosa, e probabilmente i tonfi della faggiola a terra attutivano il rumore dei i nostri passi, perché a poche decine di metri da noi, un orso girava tranquillo intorno alla base degli alberi per poi riprendere a muoversi in linea retta, lentamente, pochi metri al minuto. Teneva il muso quasi sempre a terra, anche se a volte lo sollevava per ascoltare e guardarsi intorno. Un vero signore nell’alimentarsi. Afferrava i frutti delicatamente con le labbra, masticava la cupola e la lasciava cadere lateralmente alla bocca, per poi deglutire i semi. La cosa affascinante è che mentre si spostava indugiava su ogni zampa con tutto il suo peso, quasi a lasciare un calco di ogni piede nella lettiera. E’ così che gli orsi marcano e segnalano il proprio passaggio agli altri orsi. Un modo per non pestarsi troppo i piedi.

Elisabetta

Il germoglio di un giovane faggio. Trascorso l’inverno, milioni di faggiole ricoprono il suolo e da quelle scampate a funghi, muffe e animali nascono gli alberi del futuro.

La presenza di faggiole in gran quantità controlla sia i movimenti dell’orso sia il metabolismo invernale. Negli anni di pasciona, ad esempio, alcuni orsi non solo entrano in tana più tardi, ma dormono di meno. Sono soprattutto gli orsi che hanno bisogno di più energia, i giovani di due anni e le femmine con cuccioli, ad approfittare di questi mesi extra di alimentazione. Nell’inverno 2006-2007, il giovane orso M09 non è mai entrato in una tana, mentre la femmina F06 ha interrotto il suo lungo sonno per un giro esplorativo di approvvigionamento a frutti di faggio.

Una ricercatrice solleva un’antenna da telemetria per seguire a distanza i movimenti di un orso munito di radiocollare. Questa tecnica è fondamentale per comprendere il comportamento di questi animali durante le fasi di pasciona.

Era il 25 febbraio del 2007 quando rilevammo il segnale del collare dell’orsa F06 in una direzione diversa dal solito. Percorrevamo la valle ogni due giorni per controllare e verificare a distanza che l’orsa fosse in tana. Non era la prima volta che percorrevo quella valle di inverno. Ma quell’anno la valle era diversa. La neve era decisamente sottosopra. La valle era percorsa in lungo e largo da centinaia di tracce di cinghiali e cervi e c’erano scavi ovunque. F06 era uscita dalla tana, mentre il giovane maschio M09 non vi era neanche mai entrato. La neve era alta circa 40-50 cm, ma in alcuni tratti si affondava anche di un metro. Seguii le tracce dell’orsa lungo un pendio ripido e attraverso una serie di doline per poi abbandonarle quando si infilarono in una nuova valle. Lungo tutto il percorso, di circa 5 km, l’orsa si era fermata più volte affondando ripetutamente il naso nella neve per una decina di centimetri, scavando buche circolari ogni volta. In un punto si era scavata addirittura un giaciglio sotto un tronco marcio, probabilmente per riposare. E’ rimasta attiva nella valle adiacente per circa sette giorni, per poi ritornare nella zona della tana originale fino alla prima settimana di aprile.

Elisabetta

La prima neve rivela il passaggio di una famiglia di orsi in una faggeta. Con l’arrivo dell’inverno, negli anni di pasciona, l’attività di questi animali si concentra molto in queste foreste.

Ma la faggiola dà un vero e proprio “potere” agli orsi. Dal 2004 al 2019, gli orsi hanno dovuto aspettare da un minimo di due fino addirittura cinque anni per una annata di pasciona. Negli anni successivi a quelli di cuccagna, i tecnici e i ricercatori hanno confermato, così come avviene ad esempio negli orsi neri, che più femmine diventano madri. Ma la regola non vale sempre. Infatti, nonostante la scarsa produzione di faggiole osservata dal 2015 al 2018, le nascite sono comunque restate numerose, ad indicare che anche in questi anni le femmine di orso hanno trovato cibo in abbondanza, tra ghiande (cerro e roverella) e altri frutti che maturano in estate e in autunno. La straordinarietà dell’Appennino per l’orso consiste proprio in questa stragrande offerta di frutti secchi e frutti carnosi, la cui tutela può garantire la sopravvivenza di questo adattabile animale.

L’esperto di orsi americano David Mattson ci spiega l’importanza dei frutti secchi, in generale, come risorsa alimentare per gli orsi e la dipendenza degli orsi grizzly per i semi di pino cembro e il ruolo che gli scoiattoli rossi svolgono nel trasferire i semi dagli alberi all’orso.

Ci sono anni in cui ogni albero faggio produce più fiori degli anni precedenti e tutti o quasi gli alberi del popolamento fanno la stessa cosa. Questo fenomeno non avviene in genere ad intervalli che possono variare da 2 fino a 10 anni. E’ così, ovvero sincronizzandosi, che le piante impollinate dal vento massimizzano la probabilità di rigenerarsi. Ma tutto questo avviene solo se si verificano certe condizioni climatiche e metereologiche. Se ad un’estate fredda e umida segue una un’estate calda e secca, nell’anno successivo i faggi interromperanno la loro crescita per riprodursi, ovvero fiorire, sempre che la primavera sia stata mite. In genere sono le piante con oltre trenta anni di età quelle che producono più frutti. Dopo una fioritura massiccia, è raro che gli alberi abbiano ancora energie per una nuova abbondantissima produzione l’anno successivo. Da qui nasce la periodicità nella produzione di fiori e, a cascata, di frutti. Ma cosa può provocare il fallimento di un anno di pasciona? Forti precipitazioni e gelate primaverili possono inibire la formazione del polline, l’impollinazione e quindi al fioritura, così come una forte siccità estiva può provocare l’aborto dei frutti anche se è avvenuta l’impollinazione. La sensibilità alla siccità rende il faggio, più delle querce, una specie molto suscettibile ai cambiamenti climatici.

In estate e in autunno, soprattutto, gli orsi possono assumere fino a 20,000 chilocalorie e se possono sfruttano tutte le ore del giorno per trovare cibo. Le faggete occupano il cuore del Parco e più della metà del territorio protetto, e gli orsi non vi trovano solo cibo ma anche sicurezza e tranquillità. Scendendo vero quote più basse, intorno a 1000-2000 metri, le faggete cedono il passo ai querceti: centinaia di chilometri quadrati di boschi di cerro e roverella con ghiande molto nutrienti e appetibili per gli orsi in autunno. Un bosco di cerro, ad esempio, può produrre in media più di 500 chilogrammi di ghiande in mille metri quadri e quasi tutti gli anni, sebbene ci siano anche per le querce delle annate di produzione molto più abbondante del solito: anche le querce hanno le loro annate di pasciona. Questo attrae inevitabilmente gli orsi in aree meno sicure e meno tranquille.

Alla fine dell’inverno, un orso si nutre delle ghiande cadute al terreno. Rispetto alla faggiola, il frutto della quercia è una risorsa alimentare più diffusa ed accessibile.

Al di fuori delle aree protette, la fruizione non controllata del territorio a scopo ricreativo e produttivo all’interno di faggete e querceti in autunno potrebbe non consentire agli orsi di alimentarsi in maniera adeguata in una stagione molto critica. Tutelarle è anche una nostra scelta quotidiana.

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